Ci sono storie che riecheggiano nei millenni come i rintocchi di un pendolo che ogni ora fanno sentire la loro presenza in casa.
Storie che sono i pilastri, le fondamenta della civiltà occidentale, e per questo, anche fra un altro migliaio di anni, saranno ancora ricordate e rivisitate in mille modi. Ercole e le dodici fatiche, Teseo e il labirinto di Creta, Giasone e il vello d’oro, Achille e la guerra di Troia.
Odisseo e Circe.
Ed è proprio quest’ultima la protagonista del romanzo pubblicato nel 2018 di Madeline Miller, scrittrice americana maggiormente conosciuta per La canzone di Achille, che in questa nuova avventura racconta la storia di Circe, una donna forte protagonista della propria vita come lo è il suo nome nel titolo del libro.
Tutti hanno presente Circe, non è vero?
La maga immortale dell’isola di Eea: ingannatrice, crudele, temibile, che trasformò i compagni di Odisseo in porci perché erano giunti sulla sua isola e le avevano mancato di rispetto.
Beh, scordatevi questa immagine che avete di lei.
La Circe della Miller è una dea che cerca di trovare il suo posto nel mondo, un po’ come facciamo tutti nel corso della nostra vita, è una dea divisa tra il mondo degli immortali a cui sa di appartenere e il mondo dei mortali da cui invece è attratta e che ha imparato ad amare.
Circe è una figlia che il padre non considera perché è sempre assente, è una sorella che protegge sempre suo fratello minore anche se questo a volte non lo merita e che viene presa in giro dai suoi fratelli maggiori, è una ragazza che si innamora di qualcuno che non la ricambia e che per colpa della gelosia fa un pazzia, è una maga che cerca di imparare a controllare la propria magia, è una donna costretta all’esilio in un’isola in cui è la sola abitante, tra piante medicamentose e animali feroci che le fanno compagnia, è un’amante di un uomo avventuriero che vuole tornare a casa ma che vuole anche viaggiare perché spinto dalla curiosità, è una madre che farebbe di tutto per suo figlio, persino sfidare la più scaltra tra gli dei, la dea della saggezza.
Circe si è sempre sentita fuori posto per tutta la vita, perché sentiva di non appartenere da nessuna parte ed è questo che la rende così vicina a noi.
Non solo noi umani, ma noi ragazzi che nel periodo dell’adolescenza cerchiamo di capire chi siamo e cerchiamo di farlo da soli, perché ci sentiamo come se dovessimo provare qualcosa a qualcuno.
Che cosa poi? Senso d’indipendenza, forse?
Non è questo l’importante e non lo è nemmeno per Circe.
Perché anche lei sente di dover dimostrare a suo padre Helios, il titano del sole, che merita di essere sua figlia anche se possiede la voce di un mortale e i suoi occhi brillano d’oro come quelli di uno sparviero che è proprio l’animale che le dà il nome.
Circe cerca per tutta la sua vita di diventare più simile alla sua famiglia immortale perché pensa che sia l’unico modo per farsi accettare, ma alla fine capisce che non è di questo che ha bisogno.
Può farcela da sola.
Circe è speciale perché è se stessa e, nel momento in cui decide di accettare la sua natura a metà tra i due mondi, realizza che è proprio questo che la rende speciale.
Forse allora dovremmo evitare di fermarci alla facciata che Omero dipinge nell’Odissea e cercare di andare oltre, capire le motivazioni che l’hanno spinta ad agire in quel modo e magari anche immaginare come si sia sentita quando l’uomo che amava se n’era andato per non tornare mai più, lasciandola con un dono in grembo.
Dovrebbe essere presa come esempio anche se ovviamente non sempre è facile, lo sappiamo tutti.
Ma, forse, alla fine si tratta solo di fare il primo passo, perché poi la strada è tutta in discesa…