I sopravvissuti insegnano il perdono: incontro con Marco Erba

La storia dell’umanità si può raccontare attraverso le storie di uomini: non solo di quelli che l’hanno fatta, ma anche di quelli che l’hanno vissuta da dietro le quinte, e di quelli che hanno potuto tramandarla. 

Il 29 Aprile noi studenti del Liceo Primo Levi abbiamo incontrato lo scrittore e professore Marco Erba, autore di Città d’Argento.

La storia che ci ha raccontato è composta da frammenti di uomini, da immagini che si combinano insieme a ricomporre gli eventi di uno degli episodi più tristi e meno conosciuti della fine del secolo scorso: la guerra nella ex Jugoslavia e gli scontri tra etnie, tra persone che un giorno prima erano amici e il giorno dopo si sparavano uno contro l’altro. Il focus era sulla Bosnia: il paese sul -cui sfondo si svolgono le vicende del suo romanzo. 

“Paura”

“Odio”

“Violenza”

Ecco come si è scatenata la guerra in Bosnia tra musulmani e serbi. Ecco come si scatenano tutte le guerre.

Ecco i bos

niaci durante la guerra in Jugoslavia negli anni ’90. Ricordano i prigionieri dei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale, 50 anni prima. Il tempo passa e non cambia nulla. Anche in quel momento, e anzi ancora oggi, le persone vengono discriminate e uccise per questioni etniche. La guerra che è in corso tra Russia e Ucraina non è così diversa. 

 

Prima della guerra in Bosnia, il 40% dei matrimoni era misto tra etnie: ce lo mostra la cartina.

 Non c’erano differenze tra i musulmani, i serbi cattolici e i croati ortodossi. Sembrava impossibile che scoppiasse una guerra. E invece è accaduto; e non è stata una questione di potenze ed eserciti, la guerra è arrivata a dilaniare i rapporti tra vicini di casa, tra amici, a distruggere le città e i paesi. Sotto l’indifferenza dei paesi europei, dei Caschi Blu che non sono riusciti ad imporsi e anzi, hanno bevuto e fumato con il cosiddetto Boia dei Balcani. E fu così che si è scatenato il genocidio. In pochi giorni 8000 uomini tra i 12 e i 70 anni furono uccisi e gettati in fosse comuni. 

Non sono mancati i sopravvissuti: quegli uomini e quelle donne che hanno ispirato i personaggi del libro “Città d’Argento”. Jovan Diviac, un serbo che difese la città per i musulmani, dimostrando che non serve essere della stessa etnia o avere legami di sangue per difendere chi è più debole. Asan, che fuggì per i boschi dalla sua casa, incendiata dal vicino di casa. E Sena, la d

onna che vide ammazzare suo figlio ma poi riuscì a perdonare.

“Ci avevano messo in testa che voi musulmani eravate nemici. Io ora conosco te e se ti avessi conosciuto prima mi sarei fatto sparare io rifiutandomi di sparare anche un solo colpo. Come hai fatto a perdonare?” chiese l’ex cecchino serbo alla donna del cui figlio avrebbe potuto essere l’assassino.
“Ho perdonato quando ho capito che la giustizia è impossibile. Noi esseri umani non siamo capaci di farla. La giustizia maschera il desiderio di vendetta” rispose lei.

Il libro “Città d’argento” insegna che possiamo trovare il seme della guerra nella vita di tutti i giorni, anche quando meno ce lo aspettiamo, perché a farlo crescere sono paura, odio e violenza. L’unica arma che abbiamo per combatterlo è il perdono.

 

E infine, per gli appassionati di scrittura, il prof. Marco Erba ha risposto ad alcune nostre domande. 

Prima di tutto ci ha detto che la struttura del suo romanzo riprende una tecnica narrativa ispirata a Ludovico Ariosto: per tenere viva l’attenzione del lettore si possono ideare due piani narrativi e portare avanti le storie in parallelo. Il libro è inoltre scritto con uno stile semplice per parlare in modo incisivo ai lettori di tutte le età.

Ci ha successivamente raccontato la storia editoriale del romanzo, che inizialmente era diverso e poi è andato incontro a modifiche con la casa editoriale. I fallimenti infatti possono essere visti come una rampa di lancio per il successo, e aiutano a capire gli errori e scoprire come migliorarsi.

 

Per chi si sta approcciando alla scrittura infine, il consiglio è di scrivere per passione, per raccontare qualcosa di bello. Il fine non deve essere il successo o il denaro, perché di scrittura non si vive, ma è semplicemente un piacere personale. Per scrivere bisogna avere tanta voglia di mettersi in gioco, di viaggiare, incontrare le persone, ma anche di farsi criticare.

Ringraziamo ancora Marco Erba per il suo intervento.

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