Basterà solo ricordare?

 Quante volte, noi studenti, ci siamo sentiti dire da docenti, genitori, nonni: “Studia la storia, se non vuoi commettere gli errori già commessi in passato”? Siamo, però, veramente sicuri che quello studio mnemonico di date, avvenimenti e personaggi sia, da solo, proficuo?

 Oggi, 27 gennaio, Giornata della Memoria, giornata per non dimenticare le vittime di uno dei più grandi e subdoli genocidi mai avvenuti, quello degli ebrei, siamo tenuti a ricordare: ma basterà realmente solo ricordare? 

 Tutti noi abbiamo un estremo bisogno della Memoria, per ricordarci come si svolgono le funzioni vitali, per ricordarci chi siamo; e Lei non smette mai di lavorare: lavora mentre ascoltiamo una lezione, mentre dormiamo, e anche mentre leggiamo un articolo come questo. Il vero problema, quello per cui molte persone pensano di non avercela -la Memoria- è che non è la bacchetta magica da noi creduta, bensì un semplice deposito di informazioni: per far sì che questo “accumulo di dati” prenda significato, serve rielaborarli, saperli collegare alle varie situazioni, saperne estrapolare le morali. 

 Non a caso, il proverbio afferma: ”Impara dai tuoi errori” e non: ”Ricorda i tuoi errori”. Questo perché, come accennato prima, ricordare e imparare non sono la stessa cosa. In matematica si direbbe: “ricordare è condizione necessaria ma non sufficiente per imparare”: in parole più comprensibili, ricordare è solo il primo di tanti tasselli che portano all’apprendimento. 

 Un altro di questi tasselli è sicuramente la ricerca e l’analisi delle cause: in questo caso, il motivo della strage è l’eterofobia, meglio conosciuta come paura del diverso. Noi uomini, come del resto tutti gli animali, abbiamo paura di chi ci è estraneo perché potenzialmente pericoloso e, anche se inconsciamente, abbiamo paura che ci possa uccidere. Vogliamo avere la situazione sotto controllo: quando vediamo una cosa a noi nota pensiamo: ”bene, può passare”; viceversa, quando vediamo una cosa a noi ignota ci chiediamo istantaneamente se ci possa fare del male. Ma, come disse il sommo Carnegie, “Non bisogna aver paura dei nemici che ci attaccano, ma bisogna guardarsi dagli amici che ci adulano”. Ed è proprio qui che, servendosi della nostra paura, chiunque sia stato approvato durante il nostro screening  può trasformarci da schiavi del timore a suoi schiavi, utilizzando i nostri punti deboli contro noi stessi.

 La verità preoccupante che si cela dietro a queste carneficine è che non sono volute da uno, o da pochi, ma sono volute da tutti noi, che, manipolati dai nostri pensieri più profondi, manipoliamo allo stesso modo gli altri, entrando in un circolo vizioso, o, per meglio dire, terrificante, che si può concludere solo con grandi stermini.

 Ed è proprio vera la frase pronunciata da Adolf Eichmann nel film Operation Finale: “La guerra non si fa senza soldati”: i soldati siamo noi che, ostinandoci a studiare mnemonicamente l’avvenimento specifico, trascuriamo la realtà che ci circonda. 

 Quindi, per questo, domando: non è forse che la nostra esigenza di ricordare deriva dalla constatazione che, in fondo, non abbiamo ancora imparato niente?