Gli Antichi Greci la chiamavano σχολή (scholè), e i latini ludus, esiste fin dai tempi degli Egizi, è cambiata e si è evoluta nel corso degli anni e oggi la chiamiamo scuola.
La scuola è un posto dove le persone vanno per ricevere un’istruzione, ed è parte delle vite di bambini e ragazzi di tutto il mondo, qualcosa che hanno in comune, anche se purtroppo milioni di bambini ancora non ricevono un’educazione scolastica.
Durante il corso degli anni ci sono state delle lotte per il diritto allo studio: nel passato inizialmente solo i più ricchi e gli aristocratici ricevevano un’istruzione, diversa in base al genere. Quando la scuola è stata aperta a tutti, le differenze tra i ragazzi e le ragazze persistevano, tanto che fino agli anni 60 in Italia le classi erano composte solo da persone dello stesso sesso. Anche oggi in molti paesi le ragazze non hanno diritto all’istruzione.
Oggi la scuola è spesso obbligatoria e gratuita, e occupa gran parte del tempo della vita degli studenti.
I termini classici da cui deriva la parola scuola significano svago, tempo libero. Oggi invece la scuola è tutto fuorché svago e tempo libero. Gli studenti italiani passano la loro mattinata sui banchi in aula, oppure ora che siamo in tempo di pandemia collegati in videolezione. In media gli studenti vanno a scuola per 30 ore alla settimana, con differenze in base alla scuola superiore e indirizzo che prevedono anche 40 ore.
Inoltre la scuola occupa anche i pomeriggi di bambini e adolescenti, che si ritrovano spesso un gran carico di compiti oltre allo studio.
L’Italia, oltre ad essere uno dei paesi con più ore di scuola obbligatorie a settimana, è anche seconda solo alla Russia per numero di compiti a casa assegnati. Ma è davvero utile avere un carico di compiti e studio così alto? Secondo le statistiche che possiamo osservare no.
La Finlandia è considerata il paese europeo con il sistema scolastico migliore, e secondo l’indagine OCSE è in testa al resto dell’occidente. E non ha ottenuto questi risultati caricando gli studenti di lavoro, anzi le ore di lezione durano solo 45 minuti, il sabato la scuola è chiusa e gli insegnanti non danno compiti a casa. Gli studenti frequentano la scuola tra le 20 e le 30 ore alla settimana. In questo modo gli studenti sono più motivati e al pomeriggio hanno più tempo libero da dedicare a loro stessi, ai rapporti umani e alle loro passioni, come arte, musica e sport. Le classi sono meno numerose rispetto a quelle italiane, composte da circa 20 studenti, e la selezione per i docenti è molto più rigida.
Una particolarità delle scuole Finlandesi è che fino ai 13 anni gli studenti non vengono valutati, e le interrogazioni che sostengono sono un modo per imparare. Il risultato del sistema scolastico in questo paese è che pochissimi studenti abbandonano gli studi prima del diploma, sono molto preparati e parlano almeno due lingue straniere.
La scuola in Finlandia riesce quindi a favorire e incentivare l’apprendimento senza pressare, caricare o stressare troppo gli studenti come avviene invece in Italia, dove si studia solo per “l’ansia della verifica”. Infatti secondo i dati dell’OCSE gli adolescenti italiani sono tra i più tesi e stressati del mondo, e la maggior parte afferma di provare ansia per un’interrogazione o una verifica anche se è preparato.
La scuola dovrebbe essere un posto che aiuta i bambini e i ragazzi a crescere, non deve semplicemente insegnargli nozioni da ripetere a memoria e giudicarli come numeri e come voti. Questo aspetto è emerso anche durante la pandemia, quando durante la didattica a distanza ci si preoccupava di valutare gli studenti, che intanto chiusi in casa venivano sommersi di compiti e perdevano il contatto umano. L’aspetto più importante non dovrebbe essere la valutazione, quanto l’apprendimento e soprattutto la crescita individuale; la scuola dovrebbe accompagnarci negli anni della nostra formazione ricordandosi che prima di essere studenti siamo ragazzi, siamo persone.