Bambini: si può morire di paura?

In Ucraina il numero di bambini uccisi o rimasti feriti dalla guerra contro la Russia continua ad aumentare.

 “Sono i bambini a soffrire di più perché sono i più vulnerabili durante questa guerra”, spiega il messaggio del 3 gennaio 2023 di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina. Continua: “Abbiamo nuovi dati molto tristi, resi pubblici proprio ieri: al 2 gennaio 2023, 1.328 bambini ucraini sono stati feriti, 452 sono morti e 876 hanno subito lesioni di vario grado”.

Questo è il numero che ci è stato riportato secondo i dati ufficiali, in realtà molto più alto.

I bambini stanno soffrendo a causa di questa guerra: ci arriva ieri, 13 gennaio 2023, la notizia della morte di Elya.

A soli 6 anni la piccola muore di infarto, nascosta nel seminterrato con la sua famiglia. Viveva ad Avdiïvka, a 5 km dalla linea del fronte. Dopo 11 mesi di terrore passati nel seminterrato non regge più al rumore dell’artiglieria russa. Il suo sorriso si spegne così nel silenzio e nella paura. Una paura che una bimba di sei anni non dovrebbe neanche conoscere.

Vivono e crescono sotto il rumore incessante dei proiettili, vedono le loro case e paesi natii trasformarsi in cenere, sono costretti a restare nascosti, non vedono la luce, non possono giocare e divertirsi, come dovrebbe essere normale, con gli altri bambini in un parco giochi.

Come la piccola Antonina.

Fuggita a marzo del 2022 dal suo paese natio, Kharkiv, ormai bombardato, si era rifugiata con la madre Dana in una cantina, da dove sentivano gli attacchi aerei: Antonina sentiva tutte le esplosioni e aveva paura, non riusciva a dormire.” – Spiega la madre – “Quando la stessa cosa accade qui, si spaventa e chiede: ,,È scoppiato qualcosa, mamma. Che cosa è esploso?”. Ad una bambina di soli due anni e mezzo, non posso spiegare che c’è una guerra in corso e che i bambini stanno morendo. È troppo piccola”.

Seppur piccoli si accorgono di quello che sta succedendo, delle atrocità che sentono e vedono con i propri occhi al di fuori delle proprie case.

 “Fanno molte domande. Uno dei miei nipoti – sottolinea Dana – ha nove anni e chiede: ,,Morirò anch’io?”.  I suoi genitori fanno fatica a trovare le parole giuste per rispondergli. La mia nipotina di cinque anni domanda: ,,Quando sarò grande, dovrò ancora correre subito verso l’uscita quando c’è una sirena?”. Loro capiscono che questo non è normale”.

Questi sono solo alcuni dei bambini di cui ci è giunta la loro storia. Molti altri tuttavia, senza nome, sono vissuti sotto la costante paura di morire e hanno perso la vita sotto i rumori assordanti delle bombe e degli spari.

 Senza nome, come i numeri tatuati sulle braccia di uomini, donne e bambini nei campi di concentramento.

“Considerate se questa è una donna, / senza capelli e senza nome“, scriveva Primo Levi, scrittore a cui tra l’altro è dedicata la nostra scuola.

Parliamo tanto di ricordo, ma non ci accorgiamo di quanto simile la situazione sia a quella di una volta: numeri, ancora oggi, sono quelli che arrivano alle nostre orecchie; poche le storie, a cui poi giriamo il volto e di cui ci dimentichiamo.

Articolo di Chiara Cardella

Ti è piaciuto l'articolo? Clicca sul cuore! 1 Like
Loading...