Belkis Ayon: l’artistica cubana che rinnovò la mitologia come sintesi tra civiltà transnazionali e pan-atlantiche.

Mescolando influssi provenienti dall’Africa, dall’America e dai Caraibi, l’artista cubana reinventò nelle sue incisioni una mitologia evanescente e criptica, come le ragioni che la portarono a togliersi la vita a soli 32 anni.
Conciliando elementi del cristianesimo, della fantascienza e dalle tradizioni creole, Ayón riscrisse e sovvertì le antiche società segrete maschili importate dalla Nigeria ai Caraibi durante il corso del Settecento. Ayón trasformò queste società secondo leggende matriarcali, attribuendo alle donne una nuova centralità.

Sono figure arcaiche, ma allo stesso tempo futuriste: le figure femminili sono rappresentate senza la bocca, come per ricordare il silenzio a cui le donne furono costrette per troppo tempo.
Essendo fortemente influenzata dal socialismo cubano, l’artista si professò atea, sebbene nelle sue incisioni sono rappresentati rituali ancestrali e cerimonie tradizionali; ad esempio una delle sue opere ha come soggetto l’Ultima Cena di Gesù, il quale viene sostituito da una divinità femminile.

All’energia visionaria che pervade le opere, si affianca una tecnica di incisione poco conosciuta: la collografia. Fu proprio la carenza di materiali forniti dall’Unione Sovietica a spingere Ayón verso questa peculiare forma di incisione, che divenne per l’artista un’inesauribile fonte di racconti e simboli.

Nel 1999, a soli trentadue anni, Ayón si suicidò, senza lasciare motivazioni nemmeno ai suoi cari. Purtroppo neppure le figure delle sue opere possono rispondere a questo mistero, eppure il loro sguardo continua inesorabilmente a interrogarci.

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