Le parole: Cicero docet

Nulla, a mio parere, è più insigne della capacità di avvincere con la parola l’attenzione degli uomini, guadagnarne il consenso, spingerli a piacimento dovunque e da dovunque a piacimento distoglierli: questa sola capacità ha sempre avuto importanza ed è sempre prevalsa presso i popoli liberi e principalmente nelle comunità governate dalla pace e dall’ordine.

Queste parole sono riportate da Marco Tullio Cicerone nel primo libro del De Oratore, una tra le opere della cosiddetta “trilogia retorica” (insieme al Brutus e all’Orator): l’autore spiega l’importanza delle parole non solo come strumento di persuasione e dissuasione, ma anche come il mezzo che prevale nei popoli liberi e in pace.

Ma perché oggi ricorriamo alla diplomazia? Quando è nato il pensiero di usare il dialogo, anziché la violenza, per risolvere le controversie?

Il primo che ufficialmente intraprese azioni diplomatiche vere e proprie nei confronti di popoli esteri fu l’imperatore romano Ottaviano Augusto: nel 20 a.C. il PrincepsSenatus si recò nel Regno di Partia e stipulò con il sovrano un accordo per farsi restituire le insegne romane sottratte a Marco Licinio Crasso durante la campagna in Oriente del 53 a.C.

Augusto ci ha dimostrato, perciò, quanto possano fare le parole e il dialogo: con il colloquio diplomatico tra i due sovrani, infatti, si evitò una guerra potenzialmente sconveniente e addirittura fatale per entrambe le potenze.

Per evidenziare l’importanza e la forza che le parole hanno, inoltre, sono da citare anche altre opere, le più illustri, di Cicerone. Nelle Catilinariae, ad esempio, l’oratore accusa Catilina della congiura ordita contro la ResPublica e, proprio grazie alla sua brillante eloquenza, ha raggiunto il suo scopo smascherando i congiurati: la battaglia di Pistoia (62 a.C.) fu solo una “formalità”, poiché Catilina aveva perso ogni consenso non solo in Senato, ma anche tra il popolo.

Con ciò è evidenziata la capacità che le parole hanno di persuadere gli altri ad agire in un certo modo e a convincerli di un’opinione, tuttavia in un contesto lontano da quello in cui viviamo oggi: nella società antica, la gloria si otteneva dimostrando il proprio valore con le armi; non a caso tutti i grandi personaggi che ricordiamo sono illustri generali che, come per esempio Giulio Cesare, hanno portato a termine importanti campagne militari.

Con il sanguinoso conflitto che in questi giorni infuria nell’Est dell’Europa, le parole di Cicerone diventano sempre più attuali, nonostante siano state pronunciate più di duemila anni fa: perfino in una società dove ogni buon cittadino era sempre pronto a imbracciare le armi e a combattere per difendere la patria dai nemici si pensò alla grande forza di persuasione delle parole per evitare una sanguinosa azione armata.

Alla luce di ciò, però, sorge spontanea una domanda: perché ancora oggi l’uomo continua a ricorrere alle armi e alla violenza, nonostante gli sia stato fatto dono della qualità più grande di tutte?

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