De Natura et Tempore

In questo articolo vorrei proporre quello che si potrebbe definire un componimento di versi liberi in lingua latina, molto ispirato alle Odi di Orazio, al De Rerum Natura di Lucrezio e a tutto il pensiero senecano. Vi anticipo che ho sperimentato l’utilizzo di svariate figure retoriche quali ripetizioni, chiasmi, parallelismi, poliptoti e figure etimologiche e, per quanto mi alletti l’idea di fare un’analisi del mio stesso componimento, lascerò tuttavia che siate voi a coglierle: fatemi pure sapere nei commenti che cosa trovate!

Tranquilli, vi allego anche la traduzione.

 

De Natura et Tempore

Duos dominos habemus: Tempus Naturamque.

Ista nos intemperiis subiectos redigit,

bonis malisque autem immemores illud.

Naturae locis amoenis non decipiendi sumus,

quoniam vis vehementiaque sua funesta est;

immo sol ipse, lumen cuius tellum irradiat,

agros domosque incendere potest aestate,

ne parvum calorem non dare potest hieme.

Tempus autem quoque atrox decipiens est,

quod cum ficta aeternitate sua, suo curso aeterno

etiam irreparabile nos subiectos redigit;

numquam satis est aetas, sed semper brevior,

ut aut finem velimus aut metuamus.

 

Sulla Natura e sul Tempo

Abbiamo due padroni: il Tempo e la Natura.

Quest’ultima ci rende soggetti alle intemperie,

quell’altro ci rende immemori dei beni e dei mali.

Non dobbiamo lasciarci ingannare dagli idillici luoghi della Natura,

siccome la sua forza e la sua violenza sono rovinose;

il sole stesso, la cui luce irradia il globo terrestre,

è in grado di incendiare case e campi durante l’estate,

e di non dare neanche un po’ di calore durante l’inverno.

Il Tempo invece è a sua volta un inesorabile ingannatore,

che con la sua finta eternità, del suo eterno corso

ci rende irreparabilmente soggetti;

non è mai abbastanza la durata della vita, ma sempre troppo breve,

tanto che o desideriamo la morte o la temiamo.

 

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