Italia: Nave in Tempesta

“Ahi, serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma di bordello!”

Così scrive Dante Alighieri al verso v.76 del VI canto del Purgatorio.

La metafora, che ritrae l’Italia come una nave in tempesta priva di timoniere, non più terra sovrana, non più signora ma donna di basso lignaggio, è un’espressione che è stata usata nel corso della storia, ma per comprenderne meglio il significato è opportuno definirla nel suo testo e contesto d’origine.

Il sesto canto è uno dei canti politici e in questo caso specifico racchiude un’invettiva sia contro l’Italia, sia contro la città di Firenze. Il protagonista, Sordello da Goito, famoso poeta in lingua provenzale, mostrandosi amichevole nei confronti di Virgilio solo perché anch’egli mantovano, induce l’autore a proferire la sua denuncia.

All’inizio del suo monologo, Dante, accusa i cittadini italiani: persino coloro che appartengono a uno stesso comune si fanno guerra.

Eppure l’Italia era stata grande, gli Imperatori romani, come Giustiniano, avevano dato la corretta guida, avevano ordinato le giuste leggi, ma queste non vengono messe in atto. Secondo il poeta gli italiani dovrebbero lasciare da parte i conflitti, i dissidi, e lasciarsi governare da qualcuno che sia capace, non come i tiranni che spopolano nei comuni. Questa figura retorica trasmette l’immagine di un paese nel caos, nel disordine, privato di capi politici competenti e della gloria passata.

A causa della sua storia nazionale, ricca di divisioni e dominazioni, è ahimè facile attribuire all’Italia questa citazione. La problematica enunciata da Dante è riferita al contesto duecentesco, ma si adatta perfettamente, purtroppo, anche a molti altri momenti storici, basti pensare alle Guerre d’Italia, alla successiva dominazione spagnola, alle conquiste napoleoniche e alla dominazione austriaca. Il testo, in relazione a queste epoche, sembra assumere quasi la forma di  una profezia che anticipa gli eventi futuri. Il Bel Paese si è ritrovato ad essere per più di una volta una nave nella tempesta senza un timoniere, o senza qualcuno in grado di navigare, o senza qualcuno che volesse portarla in salvo.

Ma la domanda è: oggi viaggia in acque serene o è ancora in mezzo alla tormenta?

La pandemia ha provocato una crisi globale; il mondo si è ritrovato ad affrontare un’emergenza sanitaria di una portata mai vista prima. Tra gli Stati colpiti si è diffusa anche una crisi economica, soprattutto dove le restrizioni impediscono il naturale andamento dell’economia. L’Italia è vastamente afflitta da entrambe le crisi ed è intuitivo pensare che l’unica soluzione al momento sia mantenere un governo stabile e competente, che assuma l’atteggiamento idoneo a questi problemi. Ora, più che mai, emergono le falle nella nostra Nazione; quante volte si parla di politici che agiscono con l’unico obiettivo di “tenersi la poltrona”? Quante volte si parla di politici che non guardano in faccia niente e nessuno pur di restare al governo?

Quasi  a completare la terzina, per attenerci al lessico dantesco? , pochi mesi fa, è stata attivata l’ennesima crisi politica. Alcuni politici hanno letteralmente sfruttato un periodo terribile per poter ribaltare il governo, quindi come non attribuire anche all’attualità le parole di Dante? L’Italia affonda in un mare di crisi,  perché i suoi comandanti litigano su chi debba controllare il timone. Ognuno agisce in base ai propri fini senza curarsi minimamente del bene pubblico, della salvezza.

Dante Alighieri viene spesso elogiato come il padre della lingua italiana, ma fu anche un uomo dalle ampie vedute per il suo tempo: con la sua metafora è stato capace di abbracciare in pochi  versi parecchi capitoli della storia italiana.

L’Italia deve imparare a servirsi delle sue qualità. Ha il dovere di istruire i suoi cittadini a votare e a votare con coscienza, di educarli  alla consapevolezza di cosa significhi ricoprire una carica pubblica. E’ fondamentale capire che il miglioramento è possibile, ma richiede l’intervento di tutti: è troppo tardi per pretendere che la situazione si risolva da sola o per mano di terzi, è troppo tardi per lamentarsi senza darsi da fare.

Il cambiamento esige la collaborazione di tutti.

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