Berlino 30 anni fa

A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino se ne parla tanto, ma andiamo indietro nel tempo di qualche anno, quando il muro era solo una frontiera e un inquietante presagio nella mente dei berlinesi.

Ci troviamo nei panni di alcuni bambini di Berlino ovest. Con i nostri amici giochiamo a essere piloti di aerei, gli stessi che riforniscono i nostri settori. Berlino, in quanto capitale, è stata spartita in quattro settori benché si trovi in pieno territorio sovietico. Il regime dell’est ha bloccato tutti i trasporti dalla nostra parte per impedire ai tedeschi della Germania orientale di fuggire a Berlino ovest. Per questo motivo i beni di prima necessità ci vengono forniti tramite un ponte aereo. Gli adulti sono preoccupati, ma a noi non interessa troppo. Giochiamo e attendiamo con ansia gli aerei “Rosinenbomber”, letteralmente i “bombardieri di uvetta” che quando passano ci lanciano i dolci!

Aereo Rosinenbomber

Facciamo un piccolo salto avanti nel tempo. È il 1961, i Beatles hanno da poco iniziato a vendere i loro dischi, ma a Berlino la gente parlotta piano. Alla radio sentiamo la voce del capo del consiglio di stato Walter Ulbricht: “Qui nessuno ha intenzione di costruire un muro!”. Si certo, e io sono il Papa.

Nella notte fra il 12 e il 13 agosto viene eretto il Muro di Berlino. Oops! Ci è scappato il muro, scusate tanto!

La costruzione del Muro

Ci appostiamo sulla Porta di Brandeburgo dalla quale abbiamo una buona visuale sulla città e osserviamo i tentativi di fuga da Berlino est a Berlino ovest. Nella parte occidentale, infatti, si vive meglio, i cittadini, gli artisti e i giornali non vengono costantemente controllati e chi non è in linea con il regime non rischia il carcere.

Molte persone perdono la vita cercando di scappare, altre invece escogitano metodi creativi per sfuggire ai controlli. Fra questi ultimi le famiglie Strelczyk e Wetzel, che per mesi hanno collezionato pezzi di stoffa con cui hanno costruito una mongolfiera per superare il muro.

Fuga in mongolfiera

Un altro “hop” nel tempo ed è il 1963. La vita procede monotona all’ombra del Muro, ma oggi Berlino indossa il suo vestito migliore: a cena viene infatti un ospite illustre. Il suo nome è John F. Kennedy ed è il presidente degli Stati Uniti. Il suo discorso si conclude con una frase che ci lascia tutti spiazzati, ma che capiamo nonostante lui non parli tedesco: “Ich bin ein Berliner!” ovvero “Io sono un berlinese!”. Non possiamo fare altro che esultare assieme alla folla.

Kennedy non parlava il tedesco e così sui suoi appunti stava scritta la pronuncia della frase che intendeva dire: “Ish bin ein Bearleener”

Eccoci finalmente nel 1989. Molte cose sono cambiate e non abbiamo il tempo per analizzarle tutte, ma Berlino è profondamente diversa dalla città che ogni mattina si affacciava stupita sul Muro e si domandava sfregandosi gli occhi stanchi come mai quell’incubo non fosse ancora svanito. Nel 1986 abbiamo visto lo street artist Keith Haring dichiarare di voler “distruggere in Muro dipingendolo” e nel 1987 il presidente americano Ronald Reagan si è rivolto al presidente sovietico Michail Gorbaciov dicendo: “Mr Gorbaciov, tear down this wall”. Oggi siamo seduti in mezzo a un branco di giornalisti in cerca di notizie, sembra di essere ad un punto di svolta. Gorbaciov, in seguito alle insistenti proteste dei berlinesi, ha deciso di aprire la frontiera che attraversa la città; ma Schabowski, il suo portavoce, sembra perplesso in merito agli ordini poco chiari scritti su un foglio che stringe fra le mani. “Ma la frontiera è aperta anche per i cittadini dell’est?” “Così sembra” “E da quando si potrà passare?” “Immediatamente, da subito”. Le guardie non sono state avvisate per tempo e, incapaci di gestire la massa di persone accorsa in strada, abbandonano le loro posizioni. La notte del 9 novembre del 1989, fra lacrime e sconosciuti che si abbracciano, crolla il Muro di Berlino.

Il murales di Keith Haring

 

La folla sul Muro